giovedì 28 giugno 2007


Il discorso è questo, l'altra sera in uno dei miei tour notturni passavo
lungo l'Adige. Lui c'è da sempre, ancora da prima di Trento,
della nostra città.
E va.
Mi fermo e con gli occhi fissi sul riflesso dei lampioni vedo questa semplice storia legata all'incontro col fiume.

Notte. Pioggia.
Seduta sui gradini. Alle spalle una massiccia porta in legno.
Impeccabile nel vestito, negli accessori, nell'elegante acconciatura.
La porta separa lo sguardo fisso su ciò che è rimasto nel calice fra le mie mani dalla musica, dai brindisi tintinnanti e dalle felicità di plastica.
La voragine cresce, senso di vuoto.
Bisogno di andare, lontano. Cammino.
Da dietro i tacchi alti. La borsetta scandisce il passo.
Piove, su di me e sui vicoli bui.
Da davanti il trucco cola, lacrime di pioggia.
Torno io.
Incessante la pioggia, incessante il passo.
Incontro il fiume che da sempre scorre senza mai tornare indietro.
I tacchi affondano nella terra fradicia.
Lui scorre. Lo seguo, voglio rinascere.

Idea così, balenata in testa in una di quelle notti in cui vagabondare,
quando tutti dormono, mi fa sentire in un limbo,
dimensione in cui assaporo al meglio il silenzio della città,
mentre la mia mente vola o resta completamente ferma.
Semplice, banale, sicuramente 'già vista', ma sono certa che nella vita,
quando il buio oscura i tuoi sorrisi e s'impadronisce dell'anima,
basta solo riconoscere il potere di un fiume che da sempre scorre
per far riaffiorare uno scampolo di speranza
dalle briciole di ottimismo divorato dal dolore.

serena

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